Dopo l’impresa di Severino nel fissare la verità in termini logici, con il suo ‘ritornare a Parmenide’, conviene riprendere la ricerca della verità sulla scia socratica e dialogante di Stefanini.
Sotto il rullo compressore della logica, il parmenideismo sopprime la fede, il sentimento, la libertà, la volontà. All’insegna della verità sottrae la fatica della ricerca all’inquietudine del limite. L’essere del tutto, nella necessità della sua struttura, si consegna alla trasparenza del pensiero, esente dal tempo, eterno, immobile, immutabile.
Questa visione, con terminologia suggestiva, pressoché perfetta, affascina, incanta. Ma quanto umana?
L’uomo persona sta fuori. Non è un ingrediente funzionale al discorso veritativo. La coscienza personale è illusione.
Stefanini, fedele all’esperienza interiore del soggetto umano, di cui l’esistenzialismo si era angosciosamente preso cura e che l’idealismo aveva spersonalizzato, prosegue il cammino secolare della ricerca, mai appagata e mai disattesa, quale “fiducia” socratica nella possibilità, non pretesa, di conoscere la verità.
Perché la vita umana è il tutto di ciascuno: si vede e si riconosce, unico, pienezza di relazione con gli altri. Nell’inclusione del diverso, quale discorso dialogico, non univoco, senza irretirsi nell’identico. Renato
Lascia un commento