Fede e ragione.

La particolare attenzione riservata da Stefanini all’ambito della fede, sempre rigorosamente considerata dal versante filosofico della razionalità, lo autorizza a parlare di speculazione cristiana. Filosofia e fede s’intrecciano integrandosi, senza confondersi, per cui «la formula, cui sempre obbedisco, che il filosofo non può parlare per fede, ma deve parlare della fede» (Personalismo sociale, p. 54) comporta che «bisogna credere e pensare insieme, senza che la scienza dissolva la fede o la fede impedisca di riflettere e di comprendere» (L’ineffabile nella critica d’arte, p.154). «Il contatto con la speculazione laica e anticristiana dei giorni nostri deve essere per la speculazione cristiana come il fermento che la fa crescere e lievitare» (Reinvindicatio, p. 99). Principio base nel rapporto di fede e ragione è:

 

Dio non può essere posseduto dall’uomo se l’uomo anzitutto non mette in atto tutte le sue risorse per conquistare se stesso. […] l’uomo ha bisogno dell’uomo per rapportarsi a Dio, altrimenti gli verrebbe meno il termine primo in cui Dio gli si manifesta (Personalismo sociale, pp. 21-22).

 

Certamente la filosofia può svilupparsi indipendentemente da contenuti di fede, ma, privandosene pregiudizialmente, non sviluppa a sufficienza le possibilità della ragione nell’accogliere, liberamente e non necessariamente, un surplus d’informazione che l’arricchisca senza contraddirla. L’esperienza limitata ai soli fatti accertabili con verifica empirica, è valida per la verità scientifica, necessaria ma non sufficiente per la verità sull’uomo. L’esperienza che conduce al generico concetto di essere, senz’essere divenuta, prima, esperienza del mio ‘io sono’, è insufficiente per la stessa verità sull’essere che si vuol conoscere. Non dunque metafisica dell’essere in generale, ma metafisica della necessaria ulteriorità, in corrispondenza ad un’interiorità di tipo platonico-cristiano che, nella realtà dell’essere personale, conferisce senso autentico alla soggettività moderna, in termini di compiuta razionalità. Del resto, osserva Stefanini, anche i positivisti fanno metafisica allorché teorizzano un’ulteriorità, rispetto ai fatti, nell’assumere il loro metodo come criterio di verità ultima.

 

La ragione, mentre rivela noi a noi stessi nel nostro fare, nel nostro esperire, nel nostro giudicare, rivela anche a noi i limiti del nostro potere e ci rivela quell’incondizionato spirituale che ci contiene e ci fonda col suo atto creatore. È sempre la ragione che ci salda a noi stessi, esprimendo da noi l’idea che, validamente e in maniera proporzionata alla nostra capacità, ci significa l’assoluto con cui non possiamo confonderci, ma con cui dobbiamo porci in relazione se vogliamo portare a fondo la penetrazione del nostro essere personale (Discordia Concors, in Personalismo filosofico, p. 41).