Osservazioni critiche e note conclusive.

Quella di Stefanini rimane dunque un’opera compiuta, anche se legata al suo tempo. Compiuta nel senso che si rivela straordinariamente organica e accessibile da ogni angolazione particolare. Legata al suo tempo per l’impianto espositivo: privilegia una certa assiomaticità, che fa leva sull’intuizione e il gusto dell’evidenza, propria dell’entimema, accompagnata da implicito o esplicito rigore analitico-matematico, come in Bergson che applica il significato di intuizione a partire dall’analisi del procedimento matematico, da cui si stacca per privilegiare la conoscenza sintetica e per assicurare la comprensione del movimento dell’evoluzione creatrice.

Stefanini dà importanza alla forma letteraria dell’espressione (il tempo lo richiedeva), mantiene un legame con il tradizionale olismo della gerarchizzazione dei piani teoretici e dell’armonia tra i valori, come nella migliore tradizione classica, non tramontata e non incompatibile con la modernità; crea il proprio spazio teoretico in diretto incontro/scontro con le dominanti correnti di pensiero in voga (idealismo, esistenzialismo, positivismo, pragmatismo, irrazionalismo vitalistico) e vive, infine, il dissidio sempre più acuto tra ragione e fede (materialismo storico, relativismo dei valori, liberalismo laicista).

In quanto ‘compiuta’ l’opera di Stefanini costituisce un punto di riferimento obbligato, diremmo un classico, intorno ad alcuni temi centrali. Suoi punti di forza possono essere il potenziamento del concetto di ragione senza ripiegamento nell’autoreferenzialità, l’educazione al senso della bellezza come componente umanistica prioritaria, la salvaguardia dell’identità personale in risposta alle sollecitazioni mediatiche tendenti a subordinare l’istanza d’Assoluto in nome di valori relativi (economia, istituzione, sociomorfismo).

In quanto ‘legata al suo tempo’ tale opera, letta in chiave storiografica, va comunque interpretata nella sua portata d’attualità. I temi più significativi sono: la revisione della metafisica classica (ontologia della persona), l’approfondimento gnoseologico della conoscenza per analogia (imaginismo), l’attualità della scepsi platonica (verità come ricerca), l’inseparabilità di filosofia e pedagogia (dialogo come rapporto educativo), la funzione insostituibile dell’estetica (esperienza dell’assoluto nell’arte), il concetto di creatività e il legame non estrinseco tra ragione e fede.

Stefanini non conobbe le fluttuazioni tra esistenzialismo e spiritualismo, che hanno consentito a L. Pareyson, che egli ben conosceva e stimava, di avventurarsi nell’esplorazione della libertà a tutto campo, inclusa l’interpretazione in senso positivo del nichilismo. In compenso, la necessità di erigere dei margini invalicabili all’irrazionalismo, insito per Stefanini in varie tendenze del pensiero e della prassi contemporanei, l’ha indotto a riportare sul tronco della tradizione un rinnovato concetto di ragione, divenuto sinonimo di persona, nel rapporto necessario con gli altri e con un Altro assoluto.

Per quanto pensatore originale e profondo, Stefanini non ebbe il supporto di una scuola accademica: pochi i suoi ‘allievi’ nel senso stretto del termine. Alla sua morte la cattedra di Storia della Filosofia, che dal 1940 aveva ininterrottamente ricoperto, viene soppressa ed una vera e propria scuola stefaniniana nell’università di Padova non è mai esistita. Le sue opere sono quasi assenti dal mercato: l’unica ristampa, nel centenario della nascita, riguarda il Platone ed è fuori commercio. La frequentazione del suo pensiero è oggi affidata a pochi. Il che non è imputabile alle sue personali capacità comunicative: ben nota era l’amabilità del suo carattere, trasparente lo stile del suo discorso appassionato e rigoroso, sinceri l’affetto e la stima degli studenti, che frequentavano numerosissimi le sue lezioni, e non solo dalle Facoltà umanistiche, e che ancor oggi lo ricordano. Motivi meno estrinseci dell’ ‘oblio’ che sembra aver toccato il pensiero stefaniniano possono essere: l’impatto problematico del suo pensiero dalle tesi fuori del coro del mondo accademico, le pregiudiziali laiciste e positivistiche nei suoi confronti, l’ ‘esterofilia’ dei filosofi e storici della filosofia italiani che hanno in larga misura trascurato lo studio degli esponenti del pensiero filosofico nazionale della prima metà del Novecento e da ultimo, ma non ultimo, un certo tradizionalismo dei cattolici conservatori.

In breve, si danno due versanti critici nei suoi confronti: uno interno allo spiritualismo italiano da Carlini che lo accusa di troppa metafisica, a Bontadini che, invece, lo ritiene, amichevolmente, ‘il nemico numero uno della metafisica classica’, al suo collega Padovani, ed altri con lui, che lo accusano di un certo esigenzialismo nel tema della trascendenza, per citare solo alcuni nomi. Da parte ‘laica’ se non era possibile un’intesa con l’idealismo attualistico, dal momento che Gentile rifiuta la possibilità di concettualizzare i residui immaginistici, intesa vera e propria non ci fu nemmeno con il ‘neorazionalismo’, più critico in Abbagnano, più problematicistico in Spirito ed anche in quanti ritengono estranea alla razionalità l’inclusione del dato di fede (ad esempio la scuola di Milano con Banfi, Paci e altri). Con i principali pensatori italiani Stefanini intrattenne rapporti epistolari improntati alla cordialità ed organizzò iniziative di filosofia e di estetica con colleghi che assolutamente non si collocavano nel suo orizzonte di pensiero. Sulla sua opera, come su quella di tanti altri suoi contemporanei, è tuttavia calato un velo di silenzio e di oblio che forse è il caso di ‘svelare’ almeno un poco. Non fosse altro allo scopo di ‘rivisitare’ un pensiero che tanta parte ha avuto nella nostra storia.

Alla sua morte prematura il nome di Stefanini era divenuto simbolo del pensiero personalista, più che dello spiritualismo cristiano, da cui tendeva a differenziarsi. Sul piano della ricerca metafisica possiamo collocarlo tra la metafisica dell’essere, sia classica che neoscolastica del suo tempo, e l’attualismo idealistico, ossia tra il concetto di verità come ‘adaequatio’ e come ‘autoctisi’. In tale posizione, egli abbandona le astrattezze intellettualistiche intorno alle essenze per insistere su di un’ontologia concreta della persona, soggetto creativo di propri valori di libertà e produttivo di realtà nell’assolutezza dell’arte. Ridimensiona le pretese trascendentalistiche, sia in versione kantiana che fenomenologica, ma apprezza la ricerca della verità a partire dalla coscienza, nel vissuto esistenziale dell’esperienza personale. In una parola, la sua antropologia filosofica intesse i fili d’una razionalità onnicomprensiva, attenta ad arginare gli eccessi razionalistici o logicistici, come ogni caduta nell’irrazionalità, per quanto esistenzialisticamente o nietzscheanamente suggestiva. La ragione al primo posto significa, per Stefanini, ad un tempo sfida contro le avvisaglie francofortesi di ‘crisi della ragione’ e rivendicazione d’autonomia per il soggetto umano, di fronte a qualsiasi autoritarismo, nella sua libertà di darsi responsabilmente i propri valori, fede inclusa. Gnoseologia (imaginismo), pedagogia (dialogo) ed estetica (creatività) articolano, integrandosi, una nuova ontologia (persona), espressiva della sempre parziale, eppur sempre possibile, verità dell’uomo e sull’uomo.

Sul piano storiografico, fondamentali possono considerarsi i suoi scritti su Platone, Bonaventura, Gioberti, Blondel, Heidegger. Le sue opere, che attraversano la complessa problematica intorno al senso della modernità, caratterizzano il suo pensiero, nell’intreccio con i dati della fede, all’interno del legame con la tradizione e nel necessario recupero delle ragioni della soggettività: un’indispensabile base speculativa per aggionamenti semantici sul tema della persona. La sua opera, pur in gran parte disattesa e dimenticata, così come è avvenuto per molti altri pensatori italiani ed europei, ha il suo miglior sigillo d’autenticità nella rettitudine di vita della stessa persona dell’autore.

Per chi l’ha conosciuto, il ricordo rimane ancora legato alla sua parola, precisa e profonda, dallo stile fascinoso, combattivo, sempre disponibile al dialogo. Per chi non l’ha conosciuto, egli vive nei suoi scritti, l’accesso ai quali, in carenza di mercato, è agevolato dalla Fondazione che porta il suo nome.